«Poiché la vita mi concede una sosta, fuggo la città, i treni, i tram, i cinematografi, i parrucchieri, gli uomini che portano – pare impossibile – colletto e cravatta, le donne, le automobili, le motociclette. Torno a rivivere, nel ricordo e nella realtà, la vita umile, rozza, disprezzata, che condussi da fanciullo; una vita sempre aspra, spesso pericolosa; una vita che dura uguale da secoli e secoli, vuole durare ancora, e durerà certamente in eterno».
Pubblicato nel 1922, Il libro dell’alpe è presto diventato un piccolo classico della letteratura ticinese.